Quante volte vi è stata chiesta la vostra data di nascita? Quante volte l’avete chiesta a qualcuno?
Se siete un astrologo questo capita spesso.
Ma non è necessario essere un astrologo per dare importanza alla data di nascita. La data di nascita è la data più importante nella realtà consensuale, perché è quella che ci permette di esistere.
In quanto individui noi esistiamo ufficialmente solo in virtù della data di nascita. Da quel momento in poi inizia la nostra storia che termina con un’altra data importante, quella della morte.
Tuttavia, una volta morti, della data della morte non ce ne facciamo più nulla, perché secondo la realtà consensuale non esistiamo più. La data di nascita invece la continuiamo a considerare per tutta la vita, festeggiando i nostri compleanni e quelli degli altri, riferendoci a essa ogni volta che compiliamo moduli, facciamo documenti, ecc.
Con la nascita si stacca il cordone ombelicale e il corpo emerge come un’entità separata, l’unica in grado di essere riconosciuta anagraficamente nella realtà consensuale. Ma quel corpo aveva già preso forma da circa nove mesi, era già stato manifestato sul piano materiale al momento del concepimento.
Il concepimento è imbarazzante perché dimostra in modo assolutamente pragmatico come un corpo sia tutt’uno con un altro corpo. Questa è la realtà costante dell’esistenza. Noi siamo sempre tutt’uno con altri corpi, anche dopo la nascita. Ma l’illusione della separazione e il suo mito per eccellenza, quello della nascita, non ci permette di vedere ciò che ci unisce con gli altri corpi. Non vediamo i cordoni e i fasci di luce che ci uniscono agli altri, quanto seguita a tenerci connessi non solo alla madre, ma anche a tanti esseri visibili e invisibili. Tutte queste connessioni dimorano nello spazio che a partire dalla prima infanzia ci hanno insegnato a sforzarci di vedere vuoto, privo di forma, inesistente.
Le connessioni non le vediamo più con i nostri occhi, asserviti alla mente separata, ma questa cecità non ci impedisce di continuare a sentirle nelle nostre emozioni, nei sentimenti, nel pensiero e nella passione verso certe persone del passato, del presente e futuro, e anche verso certe situazioni, luoghi, esseri.
La nascita è il trionfo della separazione, che l’evento pienamente sancisce e legittima sul piano della realtà consensuale, laddove il concepimento (dal latino “cum capere”, ossia “accogliere in sé” o “prendere insieme”) evidenzia l’unità della materia, l’assenza della separazione, un fattore di massimo imbarazzo per la realtà ordinaria.
Il concepimento è inoltre imbarazzante perché pone l’attenzione sul rapporto sessuale, un altro momento di unione pragmatica tra corpi. Il concepimento dimostra che la nostra nascita è il risultato di un rapporto sessuale, di un’inseminazione.
Il concepimento ci confronta con il mistero di chi eravamo prima di essere concepiti, sempre che eravamo davvero qualcuno o qualcosa. Questo è il mistero, il più grande mistero dell’esistenza umana, insieme a quello della morte.