Qui pro quo

Non amo / Chi sono, ciò che sembro. È stato tutto / Un qui pro quo (Eugenio Montale, Ossi di seppia, 13)

Ogni forma di conflitto e rancore umano è il risultato di un fraintendimento, un malinteso, un qui pro quo.
Conflitti, rancori e sofferenze esistono a causa della scorretta comprensione di un accadimento, di un’azione, di un gesto, di una frase, di un modo di essere.
Ciò che sviluppa oltre misura i conflitti, i rancori, le sofferenze è l’insistenza a considerare a tutti i costi reale il qui pro quo. Questa ostinazione raggiunge il suo apice allorché l’intera realtà in cui viviamo diventa il malinteso stesso. Quando questo accade, allora non riusciamo più a concepire nessun’altra realtà al di fuori di quella fondata su conflitti e dolori.
Il qui pro quo diventa l’unica realtà possibile, un fraintendimento globale che per poter sopravvivere necessita del preservamento del malinteso stesso, e dei conflitti e dolori che esso genera.
L’attaccamento al fraintendimento diventa l’unica garanzia per la sopravvivenza dell’identità illusoria che a seguito di un equivoco crediamo essere noi stessi.
In una lontana e imprecisata sfera del tempo è successo qualcosa per cui, a causa di un equivoco, ci siamo separati dalla realtà unitaria dell’esistenza per attaccarci a una percezione illusoria fondata su conflitti e sofferenze.
Questa percezione illusoria consiste nel credere di esistere come entità separate, in conflitto o competizione tra loro.
Tuttavia, la memoria della comprensione, del vero modo di intendere, non ci ha mai abbandonato. Sebbene nascosto da spesse nuvole, il nostro sé originale continua a sussurrarci nei meandri della mente, impiegando ogni sorta di strumento al fine di rammentarci la nostra vera matrice unitaria.

© Franco Santoro

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