Sacrifici

“Sacrificio” è un termine che per molti genera un certo disagio poiché nel linguaggio comune suggerisce qualcosa che implica severe privazioni e astinenze, dolorose immolazioni, volontarie o imposte. Secondo la prospettiva della nostra identità separata (ego) in effetti le cose stanno così, perchè appunto un sacrificio, dal latino “sacrificium” (“sacer” e “facere”, ossia “rendere sacro”) è un atto rituale o teatrale con cui dei beni, delle qualità o dei servizi materiali o personali, incluso anche il tempo trascorso durante l’atto stesso, passano dalla condizione ordinaria, separata o profana, e affidati a ciò che è divino, sacro, multidimensionale.

Il sacrificio stabilisce una relazione diretta tra l’umano e il divino, la nostra natura separata e quella multidimensionale.

Il sacrificio è inevitabile a livello multidimensionale, anche se può essere volontario o imposto.

Siamo destinati a perdere tutto quello che abbiamo conseguito a livello materiale, inclusi i ruoli, le posizioni di potere, i rapporti affettivi e sociali, e l’idea che abbiamo di noi stessi e quella che gli altri hanno di noi. Quando perderemo tutto ci sarà forse un passaggio radicale dalla condizione ordinaria e separata a quella multidimensionale. Tuttavia prima ancora di arrivare al sacrificio finale, nel corso della vita, perdiamo tante cose, e abbiamo esperienza di molti sacrifici parziali, che sono imposti, dovute alle circostanze, e su cui non abbiamo alcun controllo.

Lo scopo della vita, in sintesi, consiste nel prepararci a questo sacrificio ultimo, e ai sacrifici parziali imposti, celebrando regolarmente sacrifici volontari, rendendo idealmente il sacrificio un atto gioioso ed estatico.

Certo, la nostra identità ordinaria probabilmente raccapriccia dinanzi a tale prospettiva di vita, ma qui dipende da quale prospettiva si considera la vita.

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