DIREZIONE SUD
Elemento: Terra. Stagione: Estate. Corpo: fisico. Regno: minerale.
Parte del giorno: mezzogiorno. Segni: Cancro, Leone, Vergine. Settori: 4, 5, 6.
Età umana: adolescenza e gioventù. Spirito Totem Tenutario: Ratah Sadoh.
Colori: verde; rosso scuro, marrone. Corpi celesti: Terra. Viaggio: Via del Guaritore.
Sentieri spirituali: crescita, fiducia, amore. Stella: Regulus.
Animali: animali pacifici della terra (ghiro, topo, tartaruga, coniglio, lepre), coyote, volpe, serpente.
Qualità: creatività, crescita, guarigione, innocenza, amore, pazienza, stabilità, onestà, forza, purificazione.
Rancori: dipendenze, paura, noia, depressione, perfezionismo.
Strumenti di guarigione: diete, digiuno, movimento fisico, massaggio, lavoro sul corpo, canto, danza, racconto di storie, gioco, risata, tambureggiamento, meditazione in posizione sdraiata, viaggi sciamanici, costruzione e cura di luoghi sacri
Stumenti sacri: tamburi e scudi.
Minerali: diaspro, giada, avventurina, quarzo rosa, turchese, serpentino, marmo.
Piante: faggio, salvia.
Spiriti: Huitzilopochtli (Azt.). Ceres (Rom.). Demetra, Pan (Gr.). Arcangelo Michale (Cr.). Spiriti terrestri (Ratahri, Gnomi, Folletti, Driadi, ecc.).
Suono: Ha.
Festival ed eventi sacri: Solstizio d’Estate (20 o 21 giugno), Lammas o Lughnasadh (1 agosto).
Nel sistema impiegato in questo Primo Livello della Formazione, ciascuna Direzione è allineata con una determinata stagione dell’anno, colori, animali, piante, minerali, ecc. Esistono diversi sistemi di Sacro Cerchio e ciascuno di essi possiede tratti specifici. Secondo le tradizioni le corrispondenze assegnate alle Direzioni possono cambiare leggermente o radicalmente. Nel contesto dell’astrosciamanesimo nessun modello può essere considerato giusto o sbagliato. Ciascun modello ha le sue ragioni per definire le Direzioni nel suo proprio modo. Tale definizione è sovente in relazione alla natura dell’ambiente geografico in cui il sistema si è sviluppato originariamente. Per esempio, nelle aree in cui il mare si trova sul lato occidentale, l’ovest addiviene la Direzione per l’elemento acqua. Il modello a cui vieni introdotto nel corso della Formazione è il risultato di un lungo lavoro di sintonizzazione e discernimento. Oltre ad essere usato da numerose culture tribali e da vari insegnanti con cui ho operato, costituisce il sistema prevalente impiegato nell’Epica del Sacro Cono. Sebbene vi siano delle ragioni per supportare tale modello, per favore consideralo solo nei suoi aspetti strategici. Allorché ti apri alle esperienze durante l’anno di lavoro, potrai scoprire una risonanza totale con le corrispondenze di questo sistema, o essere attratto da altre associazioni e giungere ad una distinta comprensione. Qualunque cosa accada, ricorda che lo scopo precipuo della Formazione è di risvegliare e potenziare la tua natura multidimensionale e non di forzarti a conformarti ad una specifica dottrina.
La pista del Sud concerne l’esplorazione del regno materiale e la comprensione della vita fisica su questo pianeta. Qui impari a radicarti e ad accettare le implicazioni della realtà tridimensionale, identificandone lo scenario e apprendendo a usare la sua tuta spazio-temporale, ovvero il corpo fisico, come strumento didattico onde dare forma al tuo Intento connesso alla Funzione.
Il corpo è un sogno. Come altri sogni talvolta sembra rappresentare la felicità, ma può improvvisamente trasformarsi in paura, che è ciò da cui nasce ogni sogno. Poiché soltanto l’amore crea nella verità e la verità non può mai avere paura. Fatto per avere paura, il corpo deve servire lo scopo che gli è stato assegnato. Ma noi possiamo cambiare lo scopo a cui il corpo obbedirà, cambiando ciò che pensiamo sia la sua ragione d’essere. Il corpo è il mezzo tramite il quale il Figlio di Dio ritorna alla sanità mentale. Sebbene fosse stato fatto per chiuderlo nell’inferno senza via di fuga, purtuttavia l’obiettivo del Cielo ha sostituito la ricerca dell’inferno. Il Figlio di Dio stende la mano per raggiungere suo fratello e per aiutarlo a camminare lungo la strada con lui. Adesso il corpo è santo. Adesso serve a guarire la mente per uccidere la quale era stato fatto.
– Un corso in miracoli, Libro degli esercizi, p. 427.
L’entrata nel Sud dispiega il tempo dell’estate, della crescita rapida, dell’abbondanza e pure della guarigione e manutenzione del piano materiale. Qui ti confronti con il compito di impiegare il materiale denso del tuo corpo al fine di rappresentare e dimostrare il tuo Intento e Funzione. L’energia disponibile in questa stagione è abbondante e, allorché viene diretta specificatamente, può consentire notevoli guarigioni a distinti livelli.
Una nozione significativa nel Sud è l’incorporamento, che può essere descritto come un processo in cui le energie spirituali delle dimensioni sottili si espandono nella realtà ordinaria. Qui un viaggio sciamanico o una visione rappresentano lo stadio preliminare di manifestazione nel livello materiale. Quando ti colleghi con la natura multidimensionale o Spirito Guida, sta a te integrare l’esperienza sciamanica mettendo in atto nel mondo la visione relativa. Un primo passo in questa direzione è di lasciare un segno materiale visibile e tangibile nella forma di un disegno, scultura, incisione, ecc. Anche l’atto di scrivere l’esperienza in un diario serve allo scopo e aiuta a creare un ponte tra la realtà spirituale e quella ordinaria.
Il Sud è pure il sito del cosiddetto bambino interiore e del lavoro sciamanico giocoso. Innocenza, divertimento, spontaneità, danza, narrazione di storie, scherzi divini e giochi sono strumenti importanti poiché consentono di alleggerire la disciplina, determinazione, resistenza e serietà che il lavoro sciamanico sovente implica. Il sentiero del Sud può essere una via ridente e giocosa, in cui il calore stagionale riscalda la mente così come il corpo. Gli insegnamenti dell’Epica sono basati sulla premessa strategica che la vita intera, così com’è umanamente percepita, fa parte di un gioco, vale a dire il Gioco del Sacro Cono.
I ruoli tradizionale del Sud sono Trickster (imbroglione), Coyote, Heyoka, Contrario, Folle Divino, ecc. L’Heyoka o Contrario è un ruolo che comporta fare ogni cosa all’inverso. Per esempio, invece di dire “Ciao!”, l’Heyoka dice “Arrivederci!”. Canta le parole delle canzoni al contrario, o prima di mangiare, invece di lavarsi le mani, se le sporca. Questi soggetti mettono sottosopra la realtà ordinaria e rompono le barriere della vita convenzionale. La loro presenza in una comunità serve a ricordare di rimanere nel presente e di non prendere nulla per scontato. Il loro comportamento imprevedibile provoca sorpresa e mutamenti di consapevolezza, e dischiude aperture nella mente ordinaria, rendendo così possibile l’apprendimento di nuove lezioni. Secondo la tradizione Lakota, gli Heyoka sono esseri straordinari che hanno ricevuto una speciale iniziazione che implica grande potere ed impegno. Ciò comporta sovente l’occultamento dei loro poteri spirituali dietro una falsa apparenza di umiltà, stranezza o follia. Simili obblighi sacri, un tempo comuni in molte tradizioni, sono esercitati da saggi maestri sotto mentite spoglie. Questi maestri raramente furono riconosciuti nella realtà ordinaria. Essi operano spesso dietro le quinte e non esibiscono i loro talenti, poiché non sono interessati a ricevere apprezzamenti o ad essere identificati all’esterno. Talvolta raggiungono la popolarità attraverso l’espressione di doti o l’esercizio di ruoli che consentono di sviare l’attenzione dalle loro effettive funzioni. Essi sono gli insegnanti e le fonti di ispirazione segrete di molte autorità spirituali pubblicamente riconosciute.
Il Coyote è un animale tipico del Sud ed è molto caro alla tradizione del Sacred Cone Circle. Egli insegna a ridere allorché prendo me stesso e gli altri troppo sul serio. Quando Coyote è al lavoro qualsiasi tentativo di fare le cose in modo perfetto o programmato è destinato a fallire. In tali contesti è importante essere diretti, affrontando Coyote di petto e costringendolo a svelare la sua effettiva motivazione di potere. Ciò è inevitabilmente connesso con il mettere alla prova il mio Intento allineato alla Funzione.
Kurandah, il celebre eroe dell’Epica del Sacro Cono, si colloca sovente nel Sud, data la sua devozione per il clan del Settore 6, che lo ha eletto a suo sommo eroe. Le sue gesta mitiche sono narrate in molte Trudeh Etnaie Korah (ballate popolari). Egli è un rappresentante ideale della Via della Guarigione. Quello che segue è il modo in cui una volta provai a tradurre la sua storia:
Kurandah viveva in un villaggio dominato da un feroce mostro. Si trattava di una bestia demonica, causa di indicibili sofferenze, malattie e terrore per i paesani. Solo Kurandah pareva essere immune al mostro. In effetti, mentre tutti riuscivano a percepire il mostro, Kurandah ne era completamente incapace. Sebbene facesse del suo meglio per essere simile ai suoi paesani, e quindi condividere le loro terribili paure, l’idea del mostro era qualcosa di totalmente inconcepibile per la sua mente. A volte fingeva di soffrire o evidenziare i sintomi delle malattie derivate dall’azione del mostro, ma poiché non era un buon attore, ogni suo tentativo falliva miseramente. Questa situazione era fonte di immensa tristezza per Kurandah. Egli non era in grado di vedere il mostro. Di conseguenza non riusciva a condividere nulla con i suoi paesani. Si sentiva come un alieno. Solo, depresso e abbandonato, decise di trovare rifugio nell’adiacente foresta. La foresta era considerata la dimora del mostro. Da quel luogo gi abitanti del villaggio potevano udire le sue orrende grida. Questo fu uno dei motivi per cui Kurandah decise di trasferirsi nella foresta. Voleva affrontare il mostro. Kurandah esplorò ogni angolo della foresta e non trovò alcuna traccia del mostro, e nemmeno qualcosa di simile ad esso. Tuttavia qualcosa di inaspettato accadde. Egli si ricordò dei giochi che soleva praticare in tenera età. Si trattava di memorie molto benedette e gioiose davvero! Esse furono recuperate dolcemente una dopo l’altra e in tutta la loro gloria.
In quei giorni d’infanzia Kurandah passava ore infinite in compagnia dei Bhi Jinah.[1] Procedendo con il recupero delle memorie dei suoi giochi deliziosi e dei suoi compagni di ricreazione, egli si avvide che poteva agevolmente contattare questi suoi vecchi amici. Allora riuscì nuovamente a divertirsi con i Bhi Jinah e a giocare con gli Spiriti, a danzare e cantare, a riconoscere i loro volti cangianti nei regni animali, vegetali e minerali.
Un giorno accadde che Kurandah si trovò di fronte allo Spirito del Centro, altrimenti conosciuto come il Tredicesimo. Era insolito per questo Spirito comparire e tanto meno parlare, ma quel giorno egli lo fece. “Ora che hai recuperato la conoscenza dei tuoi vecchi giochi” disse lo Spirito “è tempo che tu ritorni al villaggio, onde stare insieme alla tua gente e applicare la tua Funzione. Le cose saranno diverse ora e sarai in grado di condividere le tue canzoni e le tue danze”. Questa notizia apportò tanta gioia nel cuore di Kurandah. Per la prima volta sentì che poteva finalmente diventare un paesano come tutti gli altri. Ora era sicuro che sarebbe stato in grado di vedere il mostro. Purtroppo queste aspettative furono deluse. Una volta arrivato al villaggio, egli trovò la sua gente ancora più spaventata e malata di prima. Essi gli descrivevano i loro sintomi, spiegando in ogni dettaglio le caratteristiche del mostro. Kurandah non riusciva a sentire o vedere nulla. Provava compassione per i suoi paesani, ma non sapeva che fare. Ciò lo rese alquanto triste e frustrato. Egli decise di ritirarsi in una capanna sita al confine tra la foresta e il villaggio. In questo modo poteva onorare l’indicazione dello Spirito di restare al villaggio, rimanendo allo stesso tempo vicino ai suoi amici della foresta. Tuttavia il suo senso di fallimento era copioso e la tristezza che ne derivava incontenibile. Onde esprimerla, Kurandah compose una canzone di tambureggiamento. Ciò gli permise, nell’intimità della compagnia del suo tamburo e del relativo battente, di esprimere il dolore riguardo l’incapacità di vedere il mostro e di essere simile ai suoi paesani. Che canto profondo e amorevole! Mentre eseguiva quel canto, una donna si trovò a passare da quelle parti. Il dolore che il mostro causava nel suo corpo era così forte. Non poteva più sopportarlo e aveva deciso di andare nella foresta e di offrirsi come sacrificio alla bestia malvagia, pur di porre fine a tale tortura. A causa del dolore, era costretta a muoversi molto lentamente. Si trattava di una donna veramente coraggiosa! Il suo nome è Dhirah. Non entro nei dettagli della sua storia. Come Kurandah, Dhirah appartiene al clan del Settore 6 e in tale contesto i dettagli possono essere travolgenti.
Al muoversi nella zona di confine tra il villaggio e la foresta, Dhirah non poté evitare di udire il canto di Kurandah. Incantata da quella melodia, ella si fermò ad ascoltare. “Che canzone magnifica!” sospirò. Il suono del canto entrò nel suo corpo. Ella poté percepire tutte le cellule del corpo mentre danzavano gioiosamente. Via via notava come il suo corpo guariva e il dolore si annientava. Dopo pochi minuti era totalmente guarita. Piena di meraviglia e dolce eccitazione, Dhirah corse al villaggio per raccontare cosa era successo. Altri paesani si recarono nel luogo di confine per ascoltare il canto di Kurandah ed essi pure furono guariti. Allora l’intera popolazione si riunì in cerchio attorno a Kurandah. Lo ascoltavano tutti in profonda contemplazione. Kurandah continuava a cantare indisturbato dalla folla. In effetti, era così preso dal suo canto che proprio non si rendeva conto di quello che succedeva attorno a lui. Dopo poco tutti iniziarono a cantare e a danzare, e anche a guarire completamente. Così tante lacrime di felicità e gratitudine furono versate che un lago iniziò a prendere forma. Fu chiamato il Lago di Kurandah. Da altri villaggi e luoghi lontani accorse gente per ascoltare Kurandah. Egli continuava a cantare inconsapevole di quello che accadeva. Era tutt’uno con la sua canzone e non poteva percepire null’altro, poiché il suo canto era l’unica cosa ad esistere. La paura del mostro svanì e Kurandah diventò l’eroe santo del Clan. Il suo canto divenne il Canto di Kurandah. Ancora può essere udito nella zona di confine tra villaggio e foresta. Il Canto di Kurandah permane. Se solo riesco a fermarmi e ad ascoltare, non posso fare a meno di udirlo. Le sue parole mi conducono verso la terra a cui appartengo. In vero io non so se Kurandah è consapevole della guarigione che il suo canto e tambureggiamento ha generato. A volte mi domando se sta ancora cantando per esprimere la sua tristezza. Forse la sua voce è semplicemente il sacro eco che continua a risuonare come conseguenza di un evento benedetto. Chi lo sa? Quel che so è che voglio tanto bene a Kurandah. I suoi modi di fare sono così gentili e dolci. E’ un maestro di compassione e guarigione. E’ un Eroe del Sacro Cono.
Il Canto di Kurandah è stato accudito come un fuoco sacro centrale in molte vicende dell’Epica. Ascoltandolo e cantandolo, posso entrare in uno stato di profonda relazione con la mia Funzione. Vi sono modi differenti di essere con il canto. Il suo tono muta secondo il cantante e la dimensione spazio-temporale in cui questi si colloca. Il potere curativo del canto è sempre certo. Molti hanno tentato di studiare il significato delle parole. Alcuni saggi hanno detto che esse sono basate su uno specifico sistema di complesse configurazioni ritmiche intese a formare una sinergia verbale e una sinergia di variazioni toniche al fine di costruire una struttura cosmica delle stesse proporzioni del nostro universo e indi liberarla onde rivelare i regni estatici che esistono oltre. Ebbene, questa è una frase mozzafiato! Permettetemi di fare una pausa… Ciò spiega perché la canzone conduce a tali stati estatici e genera vibrazioni curative. Altri hanno detto che il canto appartiene ad una realtà che può essere compresa solo mediante l’esperienza sciamanica diretta. Questa realtà dimora nel centro dei tre Mondi… Ora, desidero fermarmi poiché non è mia intenzione scrivere un trattato sull’argomento. Non necessito di avere una piena comprensione del canto e di tutte le sue complesse implicazioni. Mi interessa la sua essenza. Qualunque siano le sue variazioni, il significato permane immutato. Il mio desiderio è di connettere l’Intento con la Funzione. Il mio Intento è di trascorrere notti e giorni infiniti di beatitudine con l’Amato. Il mio Intento è di fare esperienza dei modelli, processi e cicli del continuo e amorevole sviluppo del momento presente. E’ la sola cosa per cui sono disposto a offrire la mia vita. E allorché mi viene chiesto qualcosa sulla morte, così come dicono gli anziani, posso solo rispondere: “Io sono già morto”.
[1] I Bhi Jinah, o Bigini, sono esseri epici la cui funzione consiste sommariamente nel riempire gli spazi vuoti percepiti dagli esseri umani nella realtà fisica ordinaria. I Bhi Jinah attirano l’attenzione verso gli spazi di collegamento che esistono tra tutte le forme. Questi spazi sono tradizionalmente negati dai sistemi di condizionamento presenti nell’odierna umanità. Il loro lavoro è inteso a rivelare gradualmente cosa esiste oltre le limitazioni della realtà consensuale.