“Il nostro esistere è il toccare: noi ci tocchiamo in quanto esistiamo. Il nostro toccare è ciò che ci rende noi” (Jean-Luc Nancy).
A questo riguardo lo scenario contemporaneo è forse uno dei più squallidi di tutta la storia umana. Incoraggiato dalla liberalizzazione dei costumi degli anni 60 e 70, quando ero adolescente pensavo che giunto alla mia attuale età mi sarei trovato in un mondo radicalmente diverso. Immaginavo società in cui il contatto corporeo consenziente e la sensualità affettiva fossero un diritto concesso a ogni individuo. Ero pressoché certo che in pochi decenni la sensualità sarebbe stata usata come pura espressione di amore e perfino religiosità, offerta e ricevuta da tutti, indipendentemente dall’età e dalle condizioni sociali, o dai privilegi di relazione di coppia o famigliare.
Mai mi sarei immaginato invece di ritrovarmi in questo mondo contemporaneo, tanto che talvolta ho l’impressione di essermi spostato su un’altra linea temporale.
Da un lato le classiche restrizioni e i tabù sociali sul contatto fisico, che in precedenza sembravano sulla via del tramonto, sono da alcuni decenni in piena espansione. Per non parlare poi di restrizioni aggiuntive derivate a questo riguardo dal terrorismo pandemico. Dall’altro le tecnologie.
L’internet, i social media, gli apparecchi elettronici e i computer stanno prendendo sempre più il posto della sensualità e del contatto fisico. Schermi, tastiere, interruttori e manopole rappresentano gli oggetti preponderanti dei nostri contatti. Il tocco e lo sguardo di schermi e tasti sempre più prende il posto di quello rivolto ai nostri simili. Si tratta di sguardi e tocchi rapidi, su cui non c’è né tempo né ragione per trattenersi. Stiamo perdendo gradualmente le capacità sensoriali per relazionarci con gli altri e con l’ambiente.
La superficie del corpo che impieghiamo per rapportarci con la realtà che ci circonda si riduce progressivamente. Della mano, l’organo tattile per eccellenza, tendiamo ora a usare quasi esclusivamente le punte dei polpastrelli, per toccare velocemente tasti e schermi, mentre l’impiego della sua intera superficie pare diventare sempre più raro e imbarazzante.
Sensualità viene da “sensus”, che deriva da “sentire” (percepire con i sensi). La sensualità si esprime attraverso l’ascolto, la ricettività, la disponibilità verso l’altro. Essa unifica, crea apertura, accettazione e comunione tra due parti.
Ma in questo mondo diventa sempre più inutile perché fa perdere tempo. Quel che conta è la rapidità con cui posso muovere le punte delle dita sulla tastiera, non per creare un rapporto con i tasti, ma per comunicare con gli altri che alla fine dei conti non è essenziale vedere e soprattutto toccare. Tocco con indifferenza e senza alcun interesse perché ciò che tocco è solo un arnese.
Le persone che dedicano spazio alla sensualità fine a se stessa, intesa come atto di conoscenza e comunicazione a ogni livello, incluso quello spirituale, sono ormai una specie in via di estinzione.
La sensualità è regolarmente confusa come un preliminare per consentire agli organi genitali di eccitarsi e svolgere quindi le loro funzioni. Nel contatto fisico quel che conta è raggiungere un particolare obiettivo, ossia arrivare al dunque.
Ma la sensualità a cui mi riferisco non è un preliminare, è proprio il dunque.
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