Voglia di contatto

(articolo di Luna Pedrini)

Mi capita spesso durante i seminari che tengo, ma anche semplicemente negli incontri quotidiani, di osservare come le persone abbiano difficoltà a viversi liberamente il proprio corpo. C’è imbarazzo, i pensieri di giudizio su cosa penseranno gli altri di come ci stiamo muovendo corrono all’impazzata e ci si chiude impedendo all’anima di parlare attraverso il corpo.

Per alcuni, si fa ancora più intensa questa sensazione quando si tratta di entrare in contatto fisico con altre persone. Quello che si percepisce energeticamente è una sorta di freddezza che come immagine richiama ad una corazza da gladiatore: durissima, invalicabile, impenetrabile. Come se ci si dovesse difendere da qualcosa o da qualcuno che vuole farci del male e per proteggersi, ci si arma dell’unico strumento che resta disponibile per sentirsi sicuri.

Le origini di questo possono essere diverse per ciascuno, da esperienze negative vissute sul proprio corpo come ad esempio vere e proprie violenze fisiche, alla non accettazione del corpo per ciò che è, con i suoi pregi e difetti.

Esiste però un momento chiave di cui tutti abbiamo esperienza: la nascita e con essa l’avvento della prima grande separazione. In molti hanno scritto e condiviso emozioni, pensieri e dati che raccontano come questo evento sia il primo atto di forte allontanamento di un corpo dall’altro, ed è da questa prospettiva interessante notare come non appena avvenga, fin dai primi attimi di vita, quello che cerchiamo è proprio il ritorno al contatto con l’altro.

Il bambino appena nato desidera essere avvolto tra le braccia della mamma e vuole che il suo corpo sia vicino al corpo che, per lungo tempo, lo ha tenuto in grembo. Questo significa che pur nella propria individualità, c’è un profondo bisogno di ricollegarsi, c’è una spinta al toccarsi, all’accarezzarsi, al sentire altri corpi e quando lo si fa si prova una profonda sensazione di accettazione, accoglienza e di recupero di altre parti di sé.

Il neonato lo fa capire in tanti modi, spontaneamente, senza indugiare, senza sentirsi in imbarazzo per una richiesta tanto naturale quanto essenziale. Ecco allora che memori di questo, sarebbe davvero utile quando diventiamo adulti ricordarci di quel bisogno, superare la paura di chiedere un contatto, un abbraccio, una carezza e riconoscere che in quel tocco, in quella pelle che si sfiora, c’è il mondo intero, c’è l’unione di tutti in un unico grande corpo.

Dalla mia esperienza so che tanto più si è rigidi e si rifiuta il contatto fisico con l’altro o con l’altra, tanto più lo si desidera. Magari in maniera diversa, magari con un piede anziché con una mano, magari con la bocca anziché con il braccio, magari con i capelli anziché con le unghie, ma lo si vuole. E anche tanto.

Allora osiamo. Impariamo a chiedere. Facciamo di tutto per riprenderci quello che ci spetta.

Chissà che questo non ci riconduca a recuperare qualcosa di noi di cui ci eravamo dimenticati.

Luna Pedrini

Foto: una pratica durante il workshop “Vivere danzando i Tarocchi” – Cascina Manuale – Settembre 2019

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