Guarigione sciamanica


Nel linguaggio comune il termine guarigione implica prima di tutto curare con successo una malattia fisica.
La guarigione da una prospettiva sciamanica e multidimensionale non è necessariamente in relazione con la salute fisica perché il malanno non si riferisce al corpo. La malattia riguarda in effetti proprio l’identificazione esclusiva con il corpo fisico, laddove la cura consiste nel risveglio dei nostri corpi alternativi e nel ripristino delle loro funzioni.
La guarigione sciamanica non si occupa di malanni e medicine in senso convenzionale. Secondo questa prospettiva finché ci immedesimiamo solo con un corpo umano siamo in effetti ammalati, indipendentemente dal nostro stato di salute materiale, mentre una malattia fisica, anche estrema o fatale, può innescare un processo di massima guarigione se contribuisce a recuperare la consapevolezza della nostra natura multidimensionale.
La morte fisica, ben lungi all’essere un evento tragico, rappresenterebbe la potenziale dissoluzione della barriera tra la realtà separata e quella multidimensionale, ossia il ripristino della nostra vera natura, a meno che non siamo forzati a ritornare nella materia dalla brama di quanti seguitano a considerarla come l’unica realtà.
La malattia quindi non ha nulla a che fare con le condizioni del corpo fisico, ma è connessa alla nostra incapacità di percepire chi siamo davvero. Evitare la malattia o morte fisica non è affatto lo scopo primario delle pratiche sciamaniche, come scrive Jeanne Achterberg:
“La guarigione, per lo sciamano, è una questione spirituale. Si ritiene che la malattia abbia origine nel mondo dello spirito, dal quale prende il suo significato. Lo scopo stesso della vita è quello di essere iniziati nelle regioni visionarie dello spirito, e mantenersi in sintonia con tutte le cose sulla terra e nel cielo. Perdere la propria anima è l’eventualità più grave di tutte, perché potrebbe eliminare qualunque significato della vita, ora e per sempre. Pertanto, il proposito di molte guarigioni sciamaniche è in primo luogo nutrire e preservare l’anima, e proteggerla dall’eterno peregrinare” (1)
La malattia nell’ottica sciamanica è, in breve, l’assenza o l’indebolimento della comunione con ciò che esiste oltre la percezione separata del corpo fisico e del mondo ordinario.
La separazione o l’identificazione con un corpo fisico separato non è tuttavia di per sé negativa. Il problema si pone quando diventiamo vittime di questa condizione, per cui la consideriamo come l’unica opzione possibile o non sappiamo più come uscirne, pur percependo realtà alternative.
Se ci troviamo a nostro agio in un corpo fisico e siamo soddisfatti di vivere solo nella realtà materiale, non ha inoltre molto senso farsi dei problemi. Al contrario, si tratta di onorare la propria esperienza e rallegrarsene senza farsi influenzare da chi vuole guastarci la festa con argomentazioni strane, come quelle dei miei articoli. Del resto, ogni ricercatore multidimensionale, incluso il più convinto, dovrebbe a mio vedere accettare anche l’eventualità che la dimensione fisica sia l’unica effettiva realtà, piuttosto che accanirsi a definirla un’illusione. La multidimensionalità comporta in primo luogo l’accettazione della simultanea presenza di molteplici paradigmi, incluso quello della separazione.
La guarigione non implica eliminare la materia e la separazione e sostituirla con lo spirito e l’unità, al contrario comporta permettere a entrambe queste percezioni di coesistere senza che nessuna di esse si imponga come valore assoluto. La cura implica diventare consapevoli dei nostri molteplici livelli di esistenza, uniti e separati, alti e bassi, positivi e negativi. Ciò comporta imparare a riconoscere ogni aspetto della nostra natura, senza identificarsi unicamente, o entrare in conflitto, con nessuno di essi. Questo implica anche essere tolleranti e accettare che, forse per complessi motivi strategici, certi aspetti della nostra natura talvolta creino ostilità e scontri con altre realtà o le ignorino ed escludano del tutto.
Guarigione vuol dire essere liberi di scegliere, sia che si tratti di unità o separazione, pace e conflitto, garantendo questa autodeterminazione a ogni parte di noi.

 

(1) Jeanne Achterberg, Imagery in Healing: Shamanism and Modern Medicine, Boston, Shambala, 1985, p. 17.

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